Le donne temono soprattutto il tumore della mammella e sono poco coscienti dell’entità delle problematiche cardiovascolari. Le malattie cardiovascolari invece sono la prima causa di morte delle donne (48% vs 38% degli uomini, Quaderni del Ministero della Salute, n.26, Aprile 2016 – il genere come determinante di salute). Negli ultimi 40 anni si è assistito ad una diminuzione della mortalità per malattie cardiovascolari molto importante nell’uomo (-40%), ma molto meno nelle donne che fino all’inizio degli anni 2000 non avevano visto alcuna diminuzione della mortalità che ora invece sta avvenendo anche se in misura inferiore che nell’uomo.
Da un punto di vista clinico vi sono importanti differenze nella presentazione ad esempio dell’infarto del miocardio non sempre conosciute. Il dolore retrosternale tipico dell’infarto del miocardio è raro nelle donne, che hanno o dolori atipici (addominali, interscapolari, al giugulo) oppure sintomi vaghi quali, astenia, ansia, dispnea lieve, angoscia tanto che le donne stesse non capiscono e non accedono ad una cura immediata; arrivate nel Pronto Soccorso non sempre vengono curate in area rossa. Questo è uno dei motivi per cui la mortalità per infarto in fase acuta e durante l’ospedalizzazione è superiore nella donna.
I fattori di rischio per la cardiopatia ischemica hanno un impatto molto diverso, nella donna rispetto all’uomo. Il diabete aumenta il rischio di infarto del miocardio di 2-3 volte di più nella donna rispetto all’uomo, il fumo di sigaretta è più aggressivo a parità di sigarette fumate nella donna, i trigliceridi sono più dannosi nella donna così come i livelli bassi di HDL, l’ipertensione incide maggiormente nella donna sopra ai 60 anni e provoca maggiori complicanze vascolari, la sindrome metabolica è più frequente nella donna e più aggressiva sulle complicanze cardiovascolari. Non possono essere sottaciuti i fattori psicosociali quali fattori di rischio per malattia ateromasica nella donna quali depressione, povertà, violenza, basso salario. La donna infine è meno studiata con coronarografia, è meno trattata con PTCA, stent, bypasses aorto-coronarici ed anche meno trattata con farmaci.
Il problema assai importante che sta alla base di tutte queste conoscenze ormai consolidate è che le linee guida per l’approccio terapeutico, preventivo e clinico per le malattie cardiovascolari non tengono ancora in considerazione le differenze di genere sopra descritte.
FOCUS CLINICO
A cura della Prof.ssa Giovannella Baggio, Professore Ordinario Cattedra di Medicina di Genere Università di Padova, Presidente del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere.
Estratto da: Medicina di Genere Newsletter, Aprile 2017